Come si sono evoluti i consensi dei partiti nel 2018

Come si sono evoluti i consensi dei partiti nel 2018

Il boom della Lega, la frenata del M5s, il crollo di Pd e Fi. L’ultima Supermedia dell’anno è l’occasione per misurare le variazioni dei sondaggi nell’arco degli scorsi 12 mesi

L’ultimo aggiornamento della nostra Supermedia dei sondaggi di questo 2018 è l’occasione per fare il punto (e con esso una sorta di “bilancio”) dell’evoluzione del consenso ai partiti nel corso dell’anno che sta per chiudersi. Un anno dal quale la politica italiana esce per molti versi rivoluzionata, a seguito dello “shock” costituito dal risultato delle elezioni politiche del 4 marzo e della successiva formazione del Governo Conte, nato da un accordo tra la Lega e il Movimento 5 Stelle.

I due partiti che erano rimasti all’opposizione per anni (la Lega dal 2011, quando scelse di non appoggiare il Governo Monti dopo la crisi finanziaria che portò alla caduta del Governo Berlusconi IV; il M5S dal 2013, cioè da quando fece il suo primo ingresso in Parlamento) il 4 marzo hanno ottenuto complessivamente poco più del 50% dei voti, e dopo oltre due mesi di consultazioni al Quirinale il Governo è nato da un accordo tra Di Maio e Salvini – che pure si erano presentati al voto da avversari.

Il 2018 è stato senz’altro un anno positivo per questi due partiti. Lo conferma anche la nostra ultima Supermedia, che mette insieme le rilevazioni di ben 9 istituti e che vede la Lega al primo posto con il 31,1% seguita dal M5S al 26%. Molto più staccati il PD (16,7%), Forza Italia (8,6%) e gli altri soggetti minori.

I dati di questa settimana non presentano scostamenti particolarmente degni di nota: il M5S sale rispetto a due settimane fa, ma conferma lo stesso dato della settimana scorsa, quando il paniere dei sondaggi era (quasi) ugualmente ampio; il mezzo punto perso da Forza Italia, invece, si deve quasi interamente agli ultimissimi dati di Ipsos e Cise che “abbattono” il dato medio degli azzurri – ma è ancora troppo poco per dire se si tratta di una tendenza o di una semplice oscillazione.

Ad ogni modo, la complessiva stabilità del quadro che riscontriamo da alcune settimane ci consente di concentrarci sulle valutazioni più generali relative ai trend emersi nel corso di questo 2018, attraverso le varie fasi che hanno caratterizzato la vita pubblica in Italia. Il grafico seguente mette insieme tutte le Supermedie pubblicate nel corso degli ultimi 12 mesi, settimana dopo settimana, e ci consente di apprezzare i vari cambiamenti.

Il 2018 si può dividere essenzialmente in tre fasi:

  1. Una prima fase pre-elettorale, in cui il consenso ai partiti ricalca grossomodo quello di fine 2017 ma in cui moltissimi elettori devono ancora prendere una decisione di voto. Il M5S sembra destinato ad essere il primo partito, con il PD ben staccato e un centrodestra in cui sembra che Forza Italia riuscirà a mantenersi davanti alla Lega.
  2. Le evoluzioni principali si vedono in questa seconda fase, che va dalle elezioni del 4 marzo alla pausa estiva: il boom elettorale mette le ali al M5S che inizialmente arriva al 34-35%, e soprattutto alla Lega, che inizia a crescere e non si ferma più. Complice l’estate e le polemiche sull’arrivo di navi cariche di migranti, Salvini si impone come leader de facto del neonato Governo, e convoglia su di sé (e sulla Lega) un numero impressionante di consensi. Ne fa le spese Forza Italia che scende sotto il 10%, ma anche il M5S, che prima della pausa estiva ritorna sotto il 30%. Dopo la nascita del Governo Conte le opposizioni soffrono, e il PD comincia a calare in modo lento ma inesorabile.
  3. Nella terza fase, caratterizzata dalle discussioni interne alla maggioranza su una serie di provvedimenti e soprattutto dallo scontro con la Commissione europea sui saldi di bilancio, la crescita dei partiti di Governo conosce una frenata: la crescita della Lega di ferma, e l’unico cambiamento degno di nota del periodo è il calo del M5S, che perde 2-3 punti e chiude il 2018 al 26%. Sia il PD (che ha finalmente avviato la propria fase congressuale) sia Forza Italia si mantengono stabili, senza riuscire ad avvantaggiarsi delle difficoltà incontrate dalla maggioranza.

Vediamo il “bilancio” dei singoli partiti, cominciando dal M5S che è quello con più “peso” per quanto riguarda i numeri in Parlamento.

Il Movimento 5 Stelle ha iniziato il 2018 puntando a vincere le elezioni politiche, quantomeno imponendosi come lista più votata. Obiettivo pienamente raggiungibile secondo i sondaggi della vigilia, e pienamente raggiunto con il 32,7% dei voti ottenuti il 4 marzo. Il successo del M5S (e soprattutto il dominio pressoché totale nei collegi del Mezzogiorno) hanno reso il partito di Luigi Di Maio imprescindibile per la formazione di un governo. Ma dopo la formazione dell’esecutivo guidato da Giuseppe Conte (“tecnico” di area M5S, indicato da Di Maio come possibile ministro alla vigilia del voto) il Movimento ha subìto l’accordo con la Lega, verosimilmente scontentando alcuni dei suoi elettori più di sinistra e subendo il protagonismo di Salvini. Il dato registrato dai sondaggi a fine anno è inferiore non solo al dato delle Politiche ma anche a quello (28%) rilevato a inizio gennaio. Nonostante ciò, il 2018 può senz’altro dirsi un anno positivo – probabilmente il migliore finora – per il M5S.
Ancora migliore è il bilancio della Lega. Il dato elettorale (17,8%) è non solo il migliore mai fatto segnare dal Carroccio a livello nazionale, ma ha smentito anche i sondaggi più ottimistici, regalando a Salvini la “leadership morale” del centrodestra e lanciandolo verso l’accordo di governo con il M5S.
Da lì in poi la Lega è cresciuta ulteriormente, fino a superare il 30% e a piazzarsi stabilmente come primo partito nelle intenzioni di voto. I buoni risultati nelle elezioni locali (comunali, regionali e provinciali in Trentino-Alto Adige) hanno confermato che la crescita della Lega non è un’illusione, ma si basa su una crescita di consenso reale e per molti versi senza precedenti. Il bilancio di questo 2018 per il partito di Salvini non poteva essere migliore.
Di segno opposto è il bilancio del Partito Democratico. La discesa iniziata a fine 2017 sull’onda di un’agenda dettata dalle “rivelazioni” della (disastrosa) commissione d’inchiesta sulle banche è proseguita inesorabile nei primi mesi del 2018. Una campagna elettorale decisamente poco incisiva ha fatto precipitare il PD al suo minimo storico (18,7%), persino al di sotto delle già poco lusinghiere stime demoscopiche della vigilia (22-23%).
Nel corso dell’anno, il PD ha confermato uno “zoccolo duro” del 16-17% di elettori che sono rimasti fedeli al partito nonostante le difficoltà (le dimissioni di Renzi, le continue polemiche sul congresso, le incertezze sulla linea da tenere all’opposizione…). Ma risalire si è dimostrato molto arduo, e il congresso che culminerà nelle primarie praticamente a ridosso della campagna per le Europee 2019 potrebbe essere l’ultima spiaggia per il principale partito del centrosinistra italiano.
Infine, uno sguardo a Forza Italia: secondo molte analisi della vigilia, il partito di Silvio Berlusconi era destinato a svolgere un importantissimo ruolo di “king maker” se le elezioni politiche si fossero risolte (come poi è effettivamente stato) in uno stallo senza vincitori. Il dato del 4 marzo non è stato troppo negativo di per sé (14% a fronte di sondaggi della vigilia che dicevano 15-16%) ma le aspettative di Berlusconi sono state smentite dal sorpasso della Lega, che ha consegnato a Salvini la leadership del centrodestra, e soprattutto dal crollo del PD e dal boom del M5S al sud. Ciò ha reso impossibile una riedizione della grande coalizione PD-FI-centristi su cui potesse poggiarsi un nuovo esecutivo di larghe intese come quelli di Mario Monti ed Enrico Letta.
E nel corso dell’anno le cose per FI sono andate peggiorando: il protagonismo di Salvini ha attratto verso la Lega (non più Nord) molti elettori di centrodestra anche al Sud, e la stessa leadership di Berlusconi è sembrata in affanno e incapace di rilanciare il partito come mai prima d’ora. Anche per FI – come per il PD – il 2018 è stato decisamente un annus horribilis.
Vincitori e sconfitti di questo 2018 emergono anche dall’ultimo, recentissimo sondaggio Ipsos, pubblicato mercoledì sul Corriere della sera. Anche se la Lega fa registrare un calo rispetto alla rilevazione di novembre (di oltre 3 punti) il sondaggio mostra come il partito di Salvini sia divenuto ormai a tutti gli effetti un partito nazionale, superando il 20% anche nel Centro-Sud. In questa macro-regione il Movimento 5 Stelle continua ad essere la prima forza politica, ma in netto calo rispetto al 4 marzo. Per il M5S le cattive notizie vengono anche dall’analisi degli elettorati: il partito di Di Maio sarebbe in arretramento in tutte le categorie socio-demografiche, con la significativa eccezione dei disoccupati e degli inoccupati. Tra questi ultimi – è facile ipotizzare – la “bandiera” pentastellata del reddito di cittadinanza costituisce ancora un richiamo molto potente.
La Lega vince il confronto con il M5S anche per quanto riguarda la “solidità” del proprio elettorato: conferma quasi 9 elettori delle Politiche su 10, e ne attrae molti altri sia da Forza Italia (addirittura 1 su 3) e persino dallo stesso M5S (il 12%). Per contro, il M5S conserva solo 6 elettori su 10, ma l’accordo con la Lega non va certo ad ingrossare le file dei partiti di sinistra: lo scambio tra M5S e PD è stato, nei mesi successivo al voto, pressochè inesistente, segno che i due elettorati ormai non “comunicano” più. Al centro dello spazio politico italiano è stata assunta dalla Lega, come emerge anche da un recente studio del Cise che conferma in pieno i dati di Ipsos sui flussi.
Secondo il centro studi della LUISS, vi sarebbe ormai una forte “sovrapponibilità” tra gli elettori potenziali della Lega e quelli del M5S, ma anche con quelli degli altri partiti del centrodestra. Una posizione ormai decisamente marginale sarebbe invece quella del Partito Democratico, e nemmeno un eventuale nuovo partito fondato da Matteo Renzi potrebbe cambiare la situazione: quest’ultimo infatti avrebbe un bacino elettorale potenziale costituito principalmente da chi oggi voterebbe PD o Forza Italia, e non sarebbe in alcun modo utile a modificare gli equilibri incrinando il primato della maggioranza giallo-verde oggi al governo del Paese.
Fonte: AGI

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