Le doti del Politico

Le doti del Politico

10/03/2014 – Ieri sera, nuovamente ospite dell’inoffensivo salottino di Fabio Fazio, il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha tracciato una distinzione tra chi fa politica e “i sindaci”. Ora, la mistica dei “Sindaci Taumaturghi” non è nuova nella Retorica renziana: tutto il male sta a Roma, tutto il bene nei consigli comunali di Paese. E’ una semplificazione, ovviamente. E come tutte le semplificazioni, pur nella sua stucchevolezza, presenta una qualche forma di verità… Non è vero che i Sindaci siano “Taumaturghi”, ma è vero che nell’immaginario collettivo (non solo italiano) il peggio della politica lo si riscontra sempre al vertice dello Stato, meno, molto meno, in periferia.

Cullato dall’interminabile “blablabla” del presidente del Consiglio la mente è andata verso altri lidi e mi sono chiesto: quali sono le “doti” del politico? come deve essere un bravo politico?. Ci sono risposte ingenue, risposte ciniche, risposte che focalizzano sulla dimensione etica e quelle sulla capacità di dare risposta ai problemi… Può essere quindi interessante cercare di mettere in fila luoghi comuni e aspettative sulla “seconda professione più antica del Mondo” (e tra le due, non sempre la più rispettabile…), per poi giungere a tracciare un profilo più o meno “ideale”.

– Vecchio contro Nuovo. Lo consigliava già Quinto Cicerone al fratello Marco nell’arcinoto “Manualetto Elettorale” (De petizione consulatus), scritto (forse) a metà del I secolo a.C.: “ricorda che sei un uomo nuovo”. Anche nell’antica Roma essere nuovi, essere “rottamatori” veniva presentato come un valore rispetto alla classe politica al potere. Il Politico Nuovo piace perché lascia presagire speranza, cambiamento, opportunità e voglia di fare. Probabilmente su questo c’è del vero: il politico di mestiere in carica da molti anni ha esaurito il suo élan vital, quello che poteva fare l’ha fatto, le idee che aveva le ha finite, ma non si vuole far mettere da parte perché il potere è una droga, il mestiere del politico è assai ben retribuito e perché se si dice ancora oggi “fare il Cincinnato” (con riferimento al Dictator romano che nel III secolo a. C. rinunciò volontariamente alla pienezza del potere per tornare nel suo giardino a seminare cipolle) vuol dire che – in 2300 anni – non sono stati molti i grandi leader che si sono ritirati a vita privata di loro volontà.

Il Politico Nuovo però è anche un politico inesperto, spesso frettoloso, con limitate relazioni sociali e istituzionali, talvolta ingenuo e quindi goffo. Ma – a differenza del Politico Vecchio – è meno cinico, meno autoreferenziale, meno chiuso dentro il Palazzo, meno accucciato al tempore del potere.

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– Centro contro Periferia. La Lega Nord, con il suo tipico piglio stilnovista ha coniato l’espressione “Roma Ladrona”. In altre parti

del pianeta sono meno grevi, ma il significato non cambia: dire “quelli di Washington” negli Stati Uniti significa individuare nel “centro” politico il luogo della corruzione, delle lungaggini, dell’autoreferenzialità burocratica, della narcolessia decisionale. E in fondo – come scriveva Tito Livio – Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur, mentre a Roma si discute, Sagunto viene espugnata. L’idea che il politico della periferia – il Sindaco, ad esempio – sia intrinsecamente migliore di quello che sta al centro viene dalla considerazione tanto ovvia quanto evidente che sono le amministrazioni locali il “front office” della politica, quelle che toccano con mano il disagio, le sofferenze e le speranze dei cittadini. Certo, stare in provincia fa vedere il mondo in modo miope, magari si crede che governare un consiglio comunale o il Parlamento sia – in fondo – la stessa cosa… Si perde in prospettiva strategica, in senso d’insieme, ma per molti questo è un male tollerabile.

– Etica contro Realismo. “Il solo politico onesto è il politico capace”. Non so chi lo abbia detto, ma la frase è la quintessenza del realismo politico declinato in chiave “generica”. Innanzitutto il tema dell’onestà viene declassificato dalla dimensione etica e valoriale a quella dell’efficacia dell’azione politica e – secondariamente – non si definisce cosa voglia dire essere “capace”: capace di rimanere in sella? di risolvere i problemi? di creare consenso? non si sa. Il “popolo” ama scagliarsi contro i privilegi del potere, contro la corruzione, contro la ricchezza, contro gli stipendi e i costi della Politica, spesso per invidia più che per reale virtù. Ma cosa farsene di un politico onestissimo ma incapace di capire i problemi e di affrontarli? e poi cosa significa essere “onesti”? Onesto è colui che rispetta il codice penale, ovviamente. Ma è sufficiente questo per essere un politico “onesto”? Anche se non corrotto, infatti, un politico per raggiungere posizioni di alto livello è costretto quasi inevitabilmente ad accettare compromessi, compiere bassezze, pugnalare un amico o girare di tanto in tanto la testa dall’altra parte, ma tutto questo può essere accettabile – forse addirittura giusto – se alla fine di tutto questo maneggiamento c’è la realizzazione di un sogno, di una politica alta. “Se facessimo per interesse nostro quello che facciamo per l’interesse della Patria saremmo dei malfattori“, così il conte di Cavour in una lettera a Massimo D’Azeglio, sintetizzando mirabilmente quanto di grande e di terribile vi è nella figura dell’Uomo di Stato.

– Elasticità contro Coerenza. Si ritiene che la coerenza sia una grande virtù (“la virtù degli imbecilli”, sosteneva Claudio Martelli qualche anno fa). Il politico “coerente” è colui che – cambiano i contesti, cambiano le situazioni – mantiene sempre la medesima posizione. Nobile, ma è utile? All’opposto vi è ovviamente il politico “ballerino”, quello che di volta in volta sceglie quanto è meglio per se stesso, anche se questo “meglio” non è necessariamente quanto serve al proprio partito o al proprio Paese.

Il requisito della coerenza richiede poi che le persone alle quali ci si rivolge, ad esempio il corpo elettorale, siano in grado di ricordare le posizioni passate e tracciare una linea tra ieri e oggi. E’ un’aspettativa ingenua: il corpo elettorale vive in un eterno presente, la sua memoria storica è molto, ma molto limitata e sperare che un politico venga punito o premiato in virtù della propria coerenza nel tempo è assai illusorio.

E quindi? si può tratteggiare il profilo del Politico di qualità? ovviamente no… ma qualche regola possiamo cercare di proporla:

1. Il politico di qualità sa tenere assieme la propria ambizione con l’interesse del Paese. Certo, i due concetti non saranno sovrapposti e in caso di discrasia il politico sceglie se stesso e non il Paese, ma riuscire a non porre i due interessi in competizione è dote non da poco.

2. Il politico di qualità sa guardare oltre la scadenza elettorale. Essere eletto e rieletto è una conditio sine qua non, dato che chi perde è tagliato fuori (almeno per un po’), ma una vittoria elettorale non dovrebbe essere solo la piattaforma per una nuova vittoria elettorale, che poi prepara una nuova vittoria elettorale. Altrimenti è il rischio di trovarsi come quel “generale che conquistò nazione dopo nazione e quando giunse al mare si sentì un coglione”, per citare il Roberto Vecchioni di Samarcanda.

3. Il politico di qualità sa spiegare le proprie scelte e su queste costruisce consenso. Quanti politici hanno governato bene ma nella totale incapacità di comunicare? essere bravi non serve a nulla, se non sai spiegarlo agli altri…

4. Il politico di qualità si costruisce uno staff di persone capaci di stimolarlo e se serve di contrastarlo, non solo di adularlo. Su questo cadono i politici di successo un po’ ovunque nel Mondo… Per un John Kennedy che cercava “il meglio” per la propria amministrazione, quante mezze tacche convinte di essere Napoleone abbiamo avuto e abbiamo in Italia e nel resto del Mondo?

E quindi – alla fin fine – la domanda non può che essere una: perché una persona ambiziosa e intelligente, capace di comunicare e trasmettere senso della leadership, con una visione chiara del futuro e la voglia di circondarsi di menti brillanti non emerge mai o quasi mai? perché i talenti che pure abbondano in ogni Paese, quando si parla di politica si dileguano. Forse è questa la vera domanda…

Marco Cucchini | Poli@rchia (c)

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