Luigi Di Gregorio: vi racconto la “war room” di Gianni Alemanno

Luigi Di Gregorio: vi racconto la “war room” di Gianni Alemanno

04/07/2013 – La campagna elettorale si è appena conclusa e Roma è stata la città in cui, più di tutte, i candidati si sono dati battaglia. La capitale d’Italia è da sempre un laboratorio politico e il suo sindaco non si limita ad amministrare, ma è simbolo politico, a volte ideologico, di un pezzo del Paese. Luigi Di Gregorio è stato membro della “War Room” di Gianni Alemanno oltre che responsabile, nei cinque anni di governo, della comunicazione istituzionale della città eterna, gli abbiamo rivolto alcune domande per meglio comprendere le dinamiche e i dietro le quinte di una campagna elettorale che ha visto trionfare il medico Ignazio Marino.Luigi, con la sconfitta di Alemanno a Roma, credi che la Destra sociale sia stata definitivamente esclusa – come area politico culturale – dal Popolo della Libertà?In generale mi pare che il PDL non goda di ottima salute, visto che sembra alle porte la ri-nascita di Forza Italia. Personalmente credo che il Popolo della Libertà sia stata una “fusione a freddo” che non ha mai funzionato realmente, se non grazie a un leader carismatico che però ha finito per trasformarlo in un “partito personale”. Sinceramente non saprei dire se il PDL di oggi sia un partito liberale, socialista, popolare, conservatore, nazionalista…So solo che c’è un leader che decide in ultima istanza su tutto e per tutti. E di certo quel leader non ama molto la destra sociale, né i suoi rappresentanti, mettiamola così.Come vedi il futuro politico di Gianni Alemanno, ritieni che per lui ci possano ancora essere spazi di visibilità e di leadership all’interno del Popolo della Libertà?

Sembra che il PDL stia per diventare il nome di una coalizione e non più di un partito. Se sarà così, Alemanno può senz’altro avere i suoi spazi nell’area di destra della coalizione. Poi si vedrà in quale contenitore, mi sembra che qualcosa si stia muovendo, anche se i contorni non sono chiari. In ogni caso, qualunque cosa accada a breve, aspetterei l’autunno prossimo per valutare tutte le ipotesi. Dalla sentenza di Cassazione che riguarda Berlusconi, alle primarie del PD, alle scadenze decisive per il governo Letta, prevedo un autunno molto “caldo” che potrà riaprire parecchi giochi in tutto lo spazio politico.

Quante persone componevano la “War Room” di Gianni Alemanno nelle ultime elezioni amministrative?

La “War Room” vera e propria era composta da una decina di persone, ovviamente il Comitato si è avvalso di un numero ben più ampio di professionalità.

Chi è stato il campaign manager della campagna di Gianni Alemanno?

Non c’era un vero e proprio campaign manager in senso classico. Tutto sommato direi che Andrea Augello, coordinatore del Comitato, si può considerare colui che si avvicina di più alla figura del campaign manager.

Quali competenze e quali professionalità hanno animato la “War Room”?

La configurazione era abbastanza tradizionale: coordinatore (tipo campaign manager), ufficio stampa, portavoce, istituti demoscopici per i sondaggi, un’agenzia pubblicitaria di supporto, un responsabile del programma elettorale e un team per la creazione dei contenuti, un responsabile dell’agenda e uno per la tesoreria, il fund raising, la logistica e gli eventi.

La comunicazione politica può fare tanto, ma a volte non può fare tutto, cosa pensi non abbia funzionato nella gestione della campagna elettorale e cosa si sarebbe potuto fare per migliorare il risultato finale?

Sinceramente credo che, ragionando ex post, si poteva fare ben poco. Quando ho visto i risultati del primo turno mi sono convinto che quel voto (e ancor di più quel non voto) fosse l’esito di un malcontento ormai sedimentato e di una disaffezione per la politica che continua a crescere e a punire più a destra che a sinistra. Ritengo che alle elezioni politiche una buona parte di quel malcontento si sia trasformata in voti per il M5S. Alle amministrative di maggio-giugno l’illusione “grillina” si era già prosciugata e parecchi elettori sono rimasti a casa. Forse con qualche confronto in più tra candidati si poteva recuperare qualcosa, ma quello non è dipeso da noi. In generale, penso che la campagna per il primo turno sia stata buona, incentrata su questioni reali e rilevanti come l’IMU, Equitalia, i pagamenti dei fornitori, ecc. Poi nel ballottaggio ha prevalso una campagna più aggressiva su temi etici, famiglia, valori, sicurezza. Non mi convinceva quella linea e infatti chi ha incrementato i propri voti al secondo turno in pratica è stato solo Marino. 

Qual era il budget a disposizione per la campagna? Lo ritieni adeguato per una città come Roma?

Non mi occupavo del budget per cui non so rispondere con esattezza. Diciamo però che rispetto alle campagne del 2008 e del 2010 (per le regionali) parliamo di budget ridotti del 70-80% grosso modo. Sta cambiando tutto su quel fronte. Se il budget era adeguato non lo so. Certo Roma è immensa e se vuoi essere capillare su tutti i mezzi hai bisogno di budget molto cospicui. C’è un problema a monte però, l’interlocutore (ossia l’elettore) deve essere disposto ad ascoltarti…Io ho visto le piazze con i gazebo di tutti i candidati perennemente vuote, così come quelle per le chiusure delle campagne elettorali. Perché ci sia comunicazione tra emittente e destinatario del messaggio serve una propensione da parte di entrambi a comunicare. Ho come l’impressione che in questa fase siano ben pochi i destinatari interessati e che ripongano una minima fiducia nella politica.

Secondo la tua esperienza credi che il successo di una campagna elettorale possa dipendere esclusivamente o in larga parte dai soldi che vengono investiti?

Grillo direbbe decisamente di no. Forse in questa fase ha anche ragione, proprio per i motivi appena esposti. Come ha fatto lui ha prendere oltre 8 milioni di voti spendendo poco? Fondamentalmente perché il suo messaggio era forte, chiaro, arrivava facilmente e nitidamente agli elettori e ogni sua uscita pubblica finiva in TV nazionale a costo zero perché “faceva notizia”. Oggi conta essere credibili e dirompenti nello stesso tempo, a prescindere dal budget a disposizione. Grillo lo ha dimostrato a febbraio con contenuti fortissimi del tipo “tutti a casa”. Renzi mi pare che sia un altro in grado di mobilitare con relativa facilità. Ma in generale direi che i soldi contano poco in questa fase perché non basta raggiungere gli elettori, il messaggio non arriva, non ha presa perché non c’è neanche la voglia di ascoltarlo.

Le battaglie mediatiche che il sindaco uscente ha dovuto affrontare durante il suo mandato come la neve che paralizza Roma, le dimissioni della Polverini a seguito dello scandalo legato ai rimborsi regionali, le presunte assunzioni pilotate all’Atac ecc. quanto hanno influito sull’esito finale della competizione elettorale?

Hanno senz’altro influito. Il clima d’opinione generale era negativo e ha pesato tanto. A ciò aggiungerei una volontà di cambiamento generalizzata che tende a punire tutti coloro che hanno governato negli ultimi anni e che evidentemente, agli occhi degli elettori, non hanno dato risposte soddisfacenti alla fase critica che stiamo attraversando. In realtà, l’amministrazione Alemanno è stata la prima a invertire il trend del debito di bilancio, a far approvare una riforma epocale sui poteri di Roma Capitale, ad approvare il primo Piano Strategico di Sviluppo della città. Tutte cose a mio avviso molto importanti, ma che non hanno mai prodotto consenso. In compenso i tagli pari a 1,5 miliardi da parte dello Stato e il credito di circa 1 miliardo dalla Regione sul Trasporto Pubblico hanno eccome rilevanza sulla vita quotidiana dei cittadini. Ma le lamentele, anche se fondate, non servono a vincere…La somma di queste cose ha portato al risultato del 10 giugno.

Conoscendo la complessità della macchina amministrativa cosa ti senti di augurare al candidato vincente Ignazio Marino?

Gli auguro di far bene, per il bene di Roma. Mi permetto però anche qualche suggerimento. In campagna elettorale lo sfidante ha il vantaggio di poter dire e promettere praticamente ogni cosa. Ora però deve cambiare registro. L’uscita improvvida sugli ambulanti e la proposta di pedonalizzare via dei Fori Imperiali senza un’attenta valutazione dell’impatto sulla viabilità mi sembrano un po’ rischiose, a essere buoni. Ieri ha anche affermato che le auto blu saranno utilizzate solo per incontri istituzionali e che tutti coloro che ne hanno diritto “si recheranno al lavoro con la propria auto”. Forse per lui è una rivoluzione, ma le auto di servizio hanno sempre avuto quella funzione…Se qualcuno ne faceva un uso distorto quello era un abuso, non certo la regola. Insomma, gli consiglio un po’ di prudenza e di non avere smanie sensazionalistiche che poi potrebbero trasformarsi in veri e propri boomerang. Sia l’ente, sia la città che amministra sono realtà molto complesse, i cittadini sono molto impazienti e lui non ha fatto molto per limitare le aspettative. Su Twitter c’è già chi pretende un appuntamento perché lui ha promesso di ascoltare tutti, così come c’è chi gli chiede se sono terminati i sacchetti per l’umido…Saranno 5 anni molto duri.


Autore: Christian Lalla | Fonte: Spinningpolitics.it

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