Il Pdl si dà da fare per disfarsi

Il Pdl si dà da fare per disfarsi

13/11/2012 – Come e dove possa procedere il Pdl è arduo capirlo. Prendiamo due questioni che travagliano, l’una il mondo politico e parlamentare nel suo insieme, l’altra il partito berlusconiano in prima persona: la legge elettorale e le primarie. In entrambi i casi Pdl significa caos. Sulla riforma elettorale nel partito ciascuno la pensa a modo suo: fin qui, nulla da dire. È ovvio che chi non abbia uno straccio di elettorato proprio preferisca sistemi che facilitano la nomina dall’alto, attraverso liste bloccate o collegi sicuri.

Chi, invece, è avvezzo alla concorrenza interna e dispone di pacchetti di voti, gradisce le preferenze. Poi ci sono i teorici puri del sistema elettorale migliore, indicato asetticamente, a costo di danneggiare il partito e sé stessi. Conseguentemente, il Pdl è disunito. Tuttavia negli ultimi giorni è venuto fuori di tutto. Una quota di ex aennini minaccia sfracelli parlamentari se dovesse venir fuori un orientamento per il cosiddetto premietto o premiolino del 10% dei seggi al partito primo arrivato. A loro volta, i sostenitori del collegio uninominale garantiscono di voler bloccare le preferenze alla Camera. Le trattative dovrebbe condurle Denis Verdini, fedelissimo del Cav; ma prima le conduceva, e continua a stare in primo piano, Gaetano Quagliariello, il quale tiene il bandolo nella commissione senatoriale che continua a votare sul progetto di riforma di un altro senatore pidiellino, Lucio Malan (Verdini è deputato).

Siccome un pasticcio del genere potrebbe apparire insufficiente, ecco che a ingarbugliarlo ci sta Silvio Berlusconi: dall’esterno, s’intende. Il suo sprezzo per le preferenze è stranoto; il suo amore per il Porcellum altrettanto. Si dice che il suo scopo ultimo sarebbe lasciare le cose come stanno, ma non si comprende quale vantaggio ne trarrebbe. Alla Camera, vorrebbe dire regalare a Pd-Sel-Psi 340 deputati (più quelli conquistabili all’estero) su 630. Forse il Cav potrebbe sperare che al senato, rimanendo i premi regionali imposti a suo tempo da Carlo Azeglio Ciampi, la sinistra non prenda la maggioranza. Difficile, tuttavia, prevedere che vi siano molte regioni nelle quali l’alleanza Bersani-Vendola e altri non prevalga, di fronte a un centro forse costituito da Lista per l’Italia coalizzata con Italia futura e cattolici di Todi 2 (o unitario), e di fronte a un centro-destra valutato oggi intorno al 20-22% solo mettendo insieme l’attuale Pdl, la Lega e la Destra, con i grillini in lenta ascesa. Come che sia, lo spettro dell’ostilità berlusconiana a ritoccare l’attuale sistema elettorale aleggia sul Pdl, sui suoi plenipotenziari, sui parlamentari rimasti ancora fedeli. Se poi passiamo alla mega questione interna, non si può dire che le primarie godano buona aria. A parte l’opportunità di svolgerle proprio mentre il segretario del partito annuncia che il Pdl cambierà nome e simbolo (e, si presume, anche parte della dirigenza e dei candidati), resta sullo sfondo la ripulsa palese da parte di Berlusconi. Il Pdl, mentre organizza le primarie, vive come in pulsante attesa delle decisioni del Cav: lascerà agire il partito? Ne farà un altro? Lo spacchetterà d’intesa con gli attuali vertici? Si farà richiamare in servizio quale (candidato per la sesta volta a palazzo Chigi? Ci si chiede come possa distruggersi così un partito che seppe conquistare 14 milioni di voti alle ultime politiche. Peggio fecero soltanto i partiti che si spappolarono fra il 1992 e il ’94.

Fonte: italiaoggi.it | Autore: Marco Bertoncini

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