Il non-femminismo farà vincere Merkel?

Il non-femminismo farà vincere Merkel?

Solo qualche giorno fa, sul New York Times, Katrin Bennhold denunciava che, nonostante i dodici anni di cancellierato di Angela Merkel, la condizione femminile in Germania (in particolare per quanto riguarda i posti di potere sul lavoro e altrove) non è migliorata granché e che, per «una strana contraddizione, Merkel incarna ciò che le femministe in tutto il mondo hanno sperato di ottenere, ma il resto della Germania, in larga misura, non è stato al passo». E l’ostinazione di Merkel nel non pronunciare la parola «femminista», in questa e nelle precedenti campagne elettorali, per Bennhold non ha giovato. Ora, sul tema, torna Susan Chira, sempre sul New York Times. Secondo la quale i successi a ripetizione di Merkel (il voto del 24 settembre sarà, a detta di tutti, l’ennesimo della serie) «sollevano una domanda di nuovo rilevante dopo la sconfitta di Hillary Clinton: questa strategia della segretezza (evitare, come Merkel, l’etichetta di femminista e la rivendicazione di genere, ndr) è la strada più efficace per le donne per guadagnare ed esercitare potere?».

Hillary si presentò in campagna elettorale come la donna che «avrebbe fatto la storia infrangendo il più alto dei soffitti di cristallo» e ha ottenuto come risultato un’ondata di misoginia che ha gonfiato le vele di Donald Trump. Il basso profilo, perfino noioso, di Angela Merkel, il suo meticoloso costruirsi un’immagine gender neutral, l’ha invece aiutata a far fuori gli avversari, dentro e fuori il suo partito, inducendoli nell’errore fatale di sottovalutarla (Chira ricorda che il soprannome Mutti, «mammina» all’inizio era stato affibbiato a Merkel, in modo dispregiativo, dai colleghi maschi della Cdu; e anche il mein mädchen, «la mia ragazza» di Helmut Kohl non portò bene al suo autore). E, al momento giusto, «come molte donne che hanno fatto passi avanti in politica, vedi di recente la premier inglese Theresa May, è subentrata in un momento di crisi, quando pochi uomini volevano il posto». Dunque, per le donne il sentiero più sicuro per il potere è quello più nascosto? «Vorrei non fosse così, ma in gran parte lo è ancora». Parola di Melanne Vermeer, a lungo stretta collaboratrice di una certa Hillary Clinton.

Fonte: corriere.it

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