Doppia preferenza, questa sconosciuta

Doppia preferenza, questa sconosciuta

Il sistema della doppia preferenza di genere è in vigore dal 2013 con l’obiettivo di aumentare la rappresentanza delle donne in politica. Ha avuto effetti promettenti, ma la usano in pochi. Perché solo la metà dei votanti sa di avere questa possibilità.

Le promesse della doppia preferenza

Storicamente, in Italia la partecipazione delle donne in politica è sempre stata scarsa: per esempio, ancora sette anni fa, nel 2012, occupavano in media solo due posti su dieci nei consigli comunali.

Dopo vari tentativi istituzionali per incoraggiare la partecipazione femminile in politica, nel 2013 il governo italiano ha introdotto nei comuni con più di 5 mila abitanti un sistema innovativo: la doppia preferenza di genere.

Il sistema offre la possibilità agli elettori di indicare un massimo di due preferenze per le elezioni dei consiglieri comunali, a condizione che la scelta ricada su due candidati di genere diverso. Il vantaggio della misura sta soprattutto nella libertà che lascia agli elettori. Teoricamente, utilizzando i due voti, l’elettore può esprimere anche la sua preferenza per la diversità di genere in consiglio.

Ciononostante, i dati disponibili suggeriscono che solo una minoranza di votanti fa uso del secondo voto. Uno studio di Audinga Baltrunaite, Alessandra Casarico, Paola Profeta e Giulia Savio confronta l’uso del voto di preferenza nei comuni con appena più di 5 mila abitanti (massimo due voti di preferenza) con i comuni appena sotto la soglia, dove si può esprimere al massimo un voto di preferenza. Il numero medio di voti di preferenza per votante sopra la soglia è 0,9, mentre sotto la soglia solo sette votanti su dieci utilizzano una preferenza. Se il numero di voti con una singola preferenza è rimasto stabile, un incremento dello 0,2 preferenze per votante significa che solo un quinto dei votanti ha utilizzato la seconda preferenza.

Non sono solo i votanti dei piccoli comuni che rinunciano al secondo voto. La nostra analisi dei dati amministrativi dei 36 principali capoluoghi italiani mostra che il numero di voti di preferenza per votante è salito da 0,58 a 0,77, confermando che solo una frazione degli elettori li utilizza entrambi.

La mancanza di informazione

Per comprendere meglio l’uso dei voti di preferenza, abbiamo effettuato un’indagine dopo le elezioni del 10 giugno 2018 in 98 comuni con più di 5 mila abitanti (Nudging voters to choose women). Dei 702 partecipanti, solo il 22 per cento ha utilizzato due preferenze, mentre il 50 per cento ne ha utilizzata soltanto una.

Lo scarso uso del secondo voto non sembra essere legato a questioni ideologiche: il 70 per cento dei partecipanti all’indagine dichiara di pensare che la parità di genere in consiglio sia importante o molto importante.

Il motivo principale per cui non lo si usa è che gran parte degli elettori non sa di avere questa possibilità. Infatti, il 49 per cento dei partecipanti alla nostra indagine pensa di poter indicare una sola preferenza nel proprio comune.

Una delle possibili cause della confusione può essere la configurazione della scheda elettorale. Come si evince dal grafico 1, non è quasi cambiata rispetto a quella che si utilizzava prima del 2013. Nella maggior parte dei comuni, l’unica differenza tra la vecchia e la nuova scheda elettorale è stata l’inclusione di una seconda riga. Non sorprende quindi che molti votanti siano ancora confusi.

Grafico 1 – La scheda elettorale prima della riforma (sinistra) e la scheda elettorale nei comuni dove si usa la doppia preferenza (destra)

Se una buona parte dei votanti ignora una politica già attiva da sei anni, sarebbe importante adottare misure che migliorino la consapevolezza dell’elettorato. Oltre alle campagne informative istituzionali, un metodo semplice e potenzialmente efficace per far conoscere la possibilità di usare il secondo voto di preferenza è quello di cambiare la configurazione della scheda elettorale. Si potrebbero aggiungere istruzioni sul metodo di voto, come si fa in altri paesi (ad esempio, in Spagna), o chiarire in altro modo l’opzione di scegliere due candidati. La Sicilia, per esempio, ha scelto una scheda con due numeri di fianco alle righe per i voti di preferenza.

Grafico 2 – La scheda elettorale in Sicilia

Forse anche per questo gli elettori siciliani sembrano conoscere meglio il nuovo sistema: secondo la nostra indagine, il 58 per cento dei votanti siciliani (N=213) sa di poter utilizzare il secondo voto, contro il 45 per cento nelle altre regioni.

Sebbene siano pochi, gli utilizzatori di entrambi i voti di preferenza hanno inciso molto sulla composizione di genere dei consigli. Come si osserva dal grafico 3, nei comuni dove la politica è stata introdotta, la rappresentanza femminile nei consigli è arrivata a una media del 36 per cento. Nei comuni con meno di 5 mila abitanti, dove i votanti hanno solo un voto di preferenza, la quota è rimasta al 29 per cento. Un incremento sostanziale, ma ancora lontano dalla parità che si otterrebbe se tutti i votanti utilizzassero i due voti di preferenza.

Grafico 3 – L’evoluzione delle donne elette nei consigli comunali

Fonte: elaborazione dati ministero dell’Interno.

La doppia preferenza lascia libertà al votante di esprimersi sul livello di diversità di genere nei consigli comunali. L’elettore può utilizzare il secondo voto, se lo desidera, per favorire una più equilibrata composizione di genere del consiglio. Tuttavia, non è una politica efficace quanto potrebbe esserlo, se si considera che la metà dei votanti non la conosce. Basterebbe un intervento semplice e senza costo sulla scheda elettorale per portare già miglioramenti in termini di rappresentanza di donne in consiglio, ma anche di rappresentatività del voto espresso.

Fonte: La Voce.info | Autori: Manuel. F. Bagues, Carolina Kansikas

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