La politica e la rete: una questione di fiducia

La politica e la rete: una questione di fiducia

16/10/2014 – Uno dei più illustri studiosi nel campo della ricerca politica, David Karpf, ha recentemente scritto che “la tecnologia non cambia la società, sono le persone che usano quella tecnologia a farlo”. Questa affermazione non fa altro che dirci come internet offra delle enormi possibilità, ma la direzione verso cui sono utilizzate le possibili azioni intraprese dipende sempre dalle decisioni dei policy makers.

Va da sé che l’incontro sinergico con la rete ha allargato i confini della competizione elettorale, rendendo più “democratico” l’accesso ai canali di comunicazione. Tuttavia bisogna far attenzione sul concetto di “usabilità” della rete, citando a supporto di tale tesi un episodio recentemente accaduto a Catania che ha visto come protagonisti  il consigliere Manlio Messina (capogruppo di Area Centro Destra) e l’assessore Orazio Licandro (Partito dei Comunisti italiani), che sono risultati i più “social” nella mappa tracciata dal Report “OpenGovCt– la comunicazione dei consiglieri e dei componenti della Giunta comunale con l’avvento del web” promosso da Angelo Alù per #Dirittodiaccesso e Generazione Ypsilon.

Il primo ha un account Twitter con oltre 1.800 follower ai quali posta foto e video e gestisce ben tre profili Facebook. Mentre  l’assessore alla Cultura e al Turismo Orazio Licandro su Facebook ha una pagina personale e un profilo pubblico che utilizza quasi quotidianamente.  Ben utilizzato anche l’account Twitter, che vanta più di 1.000 follower. A questi bisogna aggiungere un blog su Il fatto quotidiano. Mentre per il resto dei componenti dei vari schieramenti politici, da Articolo 4 a il Megafono, dal Pd a Forza Italia, l’uso del web 2.0 è piuttosto marginale. Sia Licandro che Messina, in occasione del  riconoscimento attribuito, si sono limitati ad atteggiamenti di compiacimento autoreferenziale, senza addurre ulteriori spiegazioni alla loro condizione di apparenti “internauti”.

Ma veniamo al dunque. Esiste una caratteristica che accomuna il comportamento dei politici sul web: la quasi totalità lo usa come se fosse in televisione, parla, esprime la propria opinione, ma non ascolta, non risponde alle critiche, non interagisce con gli altri. E quando lo fa cerca sempre di avere ragione, di prevalere sull’altro. Quindi nella maggior parte dei casi la politica sul web adotta una strategia di comunicazione unidirezionale, dove il feedback all’utenza esiste ma nella maggior parte dei casi, in contesti come quello appena raccontato, sembra essere una chimera, in cui manca la capacità di realizzare in maniera efficiente l’interazione con i cittadini, dando vita ad un processo comunicativo tautologico.

E’ bene ricordare che con l’affermazione del web 2.0 è possibile per la prima volta creare una relazione con il singolo cittadino, ascoltare i suoi bisogni e così via. Tuttavia gli attori politici pur conoscendo tali implicazioni, nella pratica quotidiana esse vengono disattese. Anche quando non vengono adottate pratiche di tipo unidirezionale, perdono comunque l’occasione di sfruttare le possibilità del web 2.0, stagliandosi a metà strada, in una condizione che due studiosi britannici hanno definito “web 1.5” (Jackson, Lilleker,).

Quest’ultima è una tendenza molto diffusa che riguarda non solo la politica, ma anche le istituzioni: si pubblicano contenuti, notizie, comunicati ma poi non si risponde alle domande che la rete pone ai propri interlocutori politici.

Infatti il web è uno strumento per ascoltare i cittadini, coinvolgerli nelle decisioni, creare e rafforzare un legame di fiducia che li porti a partecipare attivamente alla campagna, non solo dando visibilità ai messaggi politici attraverso i social network ma anche impegnandosi in prima persona.

Credo sia questo il vulnus insito alla capacità di saper comunicare e generare consenso sul web e cioè un cambio di prospettiva e di approccio, affinchè si generi un vero e proprio rapporto di scambio in grado di creare una relazione duratura tra i politici (atti a produrre contenuti che le persone vogliano poi condividere) e gli utenti-elettori.

Autore: Corrado Tardonato | Fonte: panepolitica.it

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