A bocce quasi ferme

A bocce quasi ferme

Dunque l’intera giornata politica di ieri è stata animata dalle primarie del Centrosinistra e il nostro sermone del lunedì non può certo esimersi dal dare il proprio contributo… Ovviamente complimenti a tutti, tutti bravi ecc. ecc. ma…

1. L’affluenza. Per tutta la giornata si è parlato di “affluenza enorme” di “risultato straordinario” e quant’altro. Alla fine, lungi dall’essere straordinario, il risultato appare buono, nulla più. Delle quattro competizioni “primarie” generali che si sono avute in Italia, infatti la prima (2005) ha visto correre al voto circa 4.300.000 italiani, la seconda (2007) 3.500.000 italiani, ma solo per eleggere il segretario del PD e la terza (2009) 3.102.000 italiani, anche in questo caso solo per eleggere il segretario del PD.

La competizione di ieri, invece, ha visto andare al voto circa 3.107.000 cittadini elettori, cioè grosso modo lo stesso dato del 2009 (che non era stato considerato brillante). Però nel 2009 votavano solo gli elettori del PD, mentre ora anche quelli di SEL, API e PSI e le candidature non espressamente democratiche hanno ottenuto circa 200.000 voti. Quindi – nei fatti – gli elettori democratici che si sono recati al voto ieri sono stati circa 2.900.000, cioè qualcosa di meno del 2009. Rimane un dato importante, rimane un dato positivo, ma rimuoviamo il termine “straordinario”, grazie.

2. Pierluigi Bersani. Come prevedibile Bersani è arrivato primo. E non avrebbe potuto essere diversamente, dato che godeva del sostegno dell’intera struttura del partito, salvo poche eccezioni, del classico blocco di potere democratico sul territorio (sindaci, cooperative…) nonché della CGIL (6.700.000 iscritti) e della tv di Stato. Inoltre – rispetto alla competizione del 2009 – i due avversari di allora (Franceschini e Marino) sono diventati suoi alleati e quindi, in linea teorica, il segretario partiva da 1.623.000 voti propri, ai quali aggiungere 1.045.000 voti di Franceschini e 381.000 voti di Ignazio Marino. Rebus sic stantibus, ne ha presi 1.394.000. Dove sono finiti gli altri?

E questo mi pare uno dei noccioli politici. Bersani ha certo le risorse politiche per vincere le primarie il prossimo 2 dicembre, dato che considero praticamente certo. Ma rimane il fatto che la sua leadership mi pare un po’ logorata, un po’ poco attrattiva fuori dal cerchio magico del potere democratico descritto qualche riga sopra. Insomma, un generale che forse può vincere qualche battaglia, ma faticherà a vincere la guerra, come peraltro osservava con la consueta invidiabile lucidità Roberto D’Alimonte alcuni giorni orsono quando – a commento di una delle più serie ricerche condotte sulle primarie in itinere – faceva notare come Bersani fosse il favorito dentro il centrosinistra, ma Renzi quello che avrebbe maggiori possibilità di vincere le elezioni politiche, che poi è lo scopo di tutta la faccenda.

Pertanto, al di la dei trionfalismi del post voto, io credo che la leadership bersaniana non si sia rafforzata ieri, ma anzi si sia indebolita proprio per la conferma di una minore attrattiva al di fuori di coloro che già e comunque avrebbero votato PD.

3. Matteo Renzi. Renzi ha ottenuto circa 1.100.000 voti. Non sono pochi, considerato che – come ha detto Renzi medesimo – aveva a suo sostegno solo “il 2% dei segretari provinciali e il 3% dei parlamentari”. Inoltre, come si evince dallo spacchettamento dei dati, sono voti in buona parte presi al centro-nord cioè esattamente nell’area territoriale dove il Partito Democratico è stato poco o nulla competitivo nel corso degli ultimi 20 anni.

Da questo l’accusa fatta a Renzi di avere un voto “inquinato”, cioè fatto anche di consenso proveniente da ex elettori di centrodestra, dimenticandosi che in una democrazia “a vocazione maggioritaria” la coalizione che ha perso dovrebbe attrezzarsi per prendere più voti la volta successiva, il che avviene – inevitabilmente – strappando consenso al vincitore pro tempore. Cioè, prendendo voti che prima aveva preso l’altra parte. L’attenzione alla “limpieza de sangre” elettorale invece mi pare una concezione elitistica e minoritaria nella valutazione del consenso che non porta certo a un impegno a 360° per vincere la competizione elettorale del 2013 e questo si rischia poi di pagarlo al momento dell’apertura delle urne.

Ciò detto, mi pare inevitabile che il voto renziano debba essere preso in forte considerazione al momento della composizione delle liste per le politiche e al momento della definizione del programma da presentare agli elettori e quindi, anche se probabilmente non sarà Renzi il candidato premier per il 2013, non penso sia possibile per la dirigenza del PD ignorare quel milione e passa di elettori che ha chiesto un po’ di aria nuova. Le tentazioni però esistono: per citare il Corriere della Sera, «Le liste le faremo noi, non lasceremo mica mettere bocca al ragazzetto». Parola di Franco Marini. «I candidati li deciderà il partito, di certo non Renzi». Parola di Rosy Bindi, ma questa sarebbe l’anticamera del disastro elettorale.

4. Il centrodestra. Il Pdl avrebbe dovuto tenere le proprie primarie a metà dicembre, cioè tra 3 settimane. Ad ora invece non si sa se e quando queste primarie si terranno e l’elettorato ex FI, ex PDL è ancora aggrappato alle decisioni dell’Uomo di Arcore, quali esse siano. Nel centrodestra l’intolleranza verso Berlusconi mi pare in crescita e le dichiarazioni di Meloni e Crosetto sono in questo molto chiare. Se posso azzardare una previsione, però, le primarie non ci saranno perché Berlusconi scenderà in campo in prima persona.

Ma attenzione, non penso che Silvio Berlusconi voglia far saltare le primarie perché ha rogne giudiziarie, come pure si è scritto. Penso che la realtà sia un po’ più complicata. Sono convinto infatti che Berlusconi non possa accettare che ci sia un altro nome oltre al suo al vertice della piramide di centrodestra… che non possa concepire di correre per le primarie e vincere con il 90% dei voti perché passerebbe le notti insonni a chiedersi “perché mi sono mancati quel 10%”?

A Berlusconi non basta vincere, vuole essere il solo, l’unico amato. Per questo non farà mai dei veri passi indietro…

Autore: Marco Cucchini

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  1. A mio avviso – elettore di Bersani – il risultato delle Primarie, se confermato al ballottaggio, potrebbe essere invece l’ideale per il Centrosinistra, e per il Paese. La conferma che il voto pro Renzi pesa oltre il 30% del centrosinistra, e la sua capacità di attrarre al voto elettori di centrodestra, dovrebbe infatti agevolare 1) il rinnovamento del ceto politico di centrosinistra, e 2) confermare che larga parte del Paese guarda oggi al Pd come unica forza politica in grado di prendere in mano le redini dell’Italia.
    L’affermazione di Bersani – non a caso la più temuta da certi ambienti (e non a caso molte testate “liberal–conservatrici” come il Corriere si erano schierate con Renzi) – consente al Centrosinistra di presentare un candidato che gli ambienti “pro-Monti” non potranno tacciare di inesperienza e quindi inadeguatezza a governare il paese nell’attuale contesto. Così come il fatto che abbia non a caso perseguito una strategia di accreditamento all’estero presso leader progressisti stranieri, è finalizzata ad evitare che si usi la scusa delle “pressioni europee” per avallare, ancora, un Monti bis.
    Insomma il ticket Bersani-Renzi potrebbe consentire finalmente al Pd di scrollarsi di dosso troppo rigide impalcature e allo stesso tempo accreditarlo come forza serie e affidabile.
    Marco

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