La realtà virtuale per le news è qui

La realtà virtuale per le news è qui

Inseriamo qui di seguito l’articolo di Philip Di Salvo, pubblicato in data odierna sul sito wired.it.

A inizio novembre, il New York Times ha fatto due passi da gigante nella direzione della realtà virtuale nel giornalismo con due iniziative: il lancio di un nuova applicazione dedicata alla realtà virtuale e l’invio, via posta, di oltre 1 milione di Google Cardboard ai propri abbonati. Sull’app, il quotidiano di New York pubblica dei prodotti giornalistici immersivi. Con i Cardboard, i suoi lettori li possono fruire in profondità e a 360 gradi, sfruttando al meglio le potenzialità di questo formato che si sta ritagliando un posto sempre più importante nel plasmare il giornalismo che verrà.

La mossa è strategica ed è per il giornale un modo di imprimere il proprio nome come quello inevitabilmente più avanti nella sperimentazione nel settore dell’immersive journalism. Per due motivi: l’app è gratuita, la vastissima base di abbonati ha ricevuto un visore gratuitamente e gli altri possono procurarselo a un costo molto basso o puntare su una delle tante alternative già disponibili.

L’unico altro elemento che serve è uno smartphone – su cui installare l’app – da inserire dentro un Cardboard. Se non si dispone di un visore, l’applicazione consente comunque di esplorare le immagini a 360 gradi, perdendo però l’aspetto immersivo dell’esperienza.

Il New York Times ha già messo a disposizione una serie di contenuti, da ultimo un reportage dalle veglie che si sono tenute a Parigi in seguito agli attacchi terroristici del 13 novembre scorso. Le immagini ritraggono le persone nelle piazze e sono corredate da interviste. Indossando il visore ci si trova in mezzo a loro ed è possibile girarsi in tutte le direzioni, come se si fosse effettivamente nelle strade della capitale francese. Al momento ci sono altri 4 reportage disponibili sull’app, due dei quali sponsorizzati.

Alla prova pratica, la qualità delle immagini fruite (nel nostro caso, tramite due iPhone -5 e 6 Plus- e un Cardboard) non è ancora perfetta, ma nemmeno troppo distante dalla resa dei visori piu avanzati e costosi. L’esperienza complessiva è a tutti gli effetti immersiva e lascia la sensazione di aver appena provato in prima persona una porzione di come vedremo le notizie nel prossimo futuro. Nel giornalismo, quella virtuale è a tutti gli effetti una realtà ormai acquisita e accessibile e l’avanzamento del New York Times lo dimostra a tutti gli effetti.

Il successo dell’operazione del giornale americano è la testimonianza di come, per la realtà virtuale, le cose siano accelerate piuttosto velocemente negli ultimi due anni. Inviando ai suoi lettori più fedeli l’hardware – anche se stiamo parlando sostanzialmente di un pezzo di cartone da piegare e due lenti – il quotidiano ha di fatto superato una delle maggiori barriere per lo sviluppo e la diffusione di questa pratica di fruizione, garantendo anche un’adozione di massa sin da subito, anche se non è chiaro chi ha finanziato l’iniziativa. In sostanza, la base di early adopterè stata creata in un colpo solo e da subito in grandi numeri.

Guardando uno dei reportage del New York Times è chiaro comela realtà virtuale nel giornalismo sia qui e sia già una cosa concreta – e da pubblicare in apertura sul proprio sito – cui gli editori possono già realizzare prodotti, certamente ancora sperimentali, ma di sicuro non più pionieristici. La realtà virtuale (o aumentata) nel giornalismo è un terreno di studio già dai primi anni ’90: già nel 1996, inoltre, come ricordano Richard Koci Hernandez e Jeremy Rue nel loro recente libro sui multimedia package, proprio il New York Times aveva pubblicato un primo, embrionale, tentativo di esperienza immersive con il progetto “Bosnia: Uncertain paths to peace”, che conteneva alcune immagini panoramiche a 360 gradi sull’assedio di Sarajevo. Eravamo, però, agli albori del giornalismo digitale.

Resta ora da capire quante e quali testate giornalistiche decideranno di lanciarsi in questo settore, affascinante, ma molto impegnativo in termini di risorse e implicazioni etiche. I costi di produzione possono essere alti, specialmente se non si dispone di uno staff specializzato, ma sul mercato esistono già numerosigadget commercali in grado di girare contenuti pensati per essere fruiti con dei visori da realtà virtuale, come le videocamere 360fly e Kodak Pixpro SP360-4K. Certo, i costi per produzioni professionali come quelli del New York Times sono certamente più alti, ma stando a quanto dichiarato dal giornale, grazie all’aiuto di alcuni sponsor, il progetto è fin qui in attivo.

L’era del giornalismo immersivo e della realtà virtuale, insomma, è ufficialmente iniziata. Se non sapete da dove iniziare, Business Insider ha raccolto qui un po’ di contenuti da provare, con tanto di indicazione su dove e come comprarsi un visore. 20 dollari da investire per una fetta di futuro dell’informazione.

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