Il governo dei sì e dei no

Il governo dei sì e dei no

Ora che il governo è nato, completato anche dal pacchetto sottosegretari è doveroso – marzullianamente – farsi delle domande e darsi delle risposte.

1. È il governo del cambiamento (parte seconda) promesso al Paese? NO. È un governo sbagliato a partire dal suo presidente: non si può passare da Salvini a Fratoianni come niente fosse, senza cambiare le figure politiche di riferimento, senza una parola di analisi o di autocritica sul passato, senza un segnale evidente di discontinuità. Il presidente Conte non ha spiegato il giro di valzer. Si è limitato ad attaccare Salvini (però dopo la sfiducia, non prima) e non ha dato spiegazioni sul perché è passato dal presiedere il governo più a destra nella storia repubblicana a quello più a sinistra. Spiegazioni che non doveva “al PD” ma al Paese.

2. È un governo che aiuterà il centrosinistra a rilanciarsi? NO. Il Partito Democratico per riconquistare il consenso nei ceti sociali perduti dovrebbe ripartire dal presidio degli istituti di welfare, vale a dire Lavoro-Scuola-Sanità. Paradossalmente il PD ha rinunciato a tutti e tre questi dicasteri (e anche ogni presenza nel MISE, tra l’altro) puntando su una identificazione con il ministero dell’Economia, vale a dire “mr. No”, quello il cui compito è troncare e sopire ogni velleità di spesa, ogni programma ambizioso: il ministro dei tagli e delle tasse, quello che tutti odiano. Per LeU (o Art.1-Mdp? Vallo a sapere…) la Sanità può essere un’occasione o un rischio. La “vox populi” si lamentava della sanità pubblica quando era fuor di dubbio una delle 2-3 migliori al Mondo, figuriamoci oggi, dopo anni di sforbiciate e in un clima di piangina su tutto. Per Roberto Speranza è l’ultimo metrò: dopo aver clamorosamente fallito come capogruppo del PD e come leader di un partito nuovo ci prova come ministro. Vedremo.

3. Presenta opportunità positive per PD e M5S? SI. Il PD può riscoprire l’importanza di temi troppo a lungo dimenticati, che il M5S in modo goffo e contraddittorio ha cercato di portare avanti. Temi connessi con l’equità sociale, l’ambiente e i beni comuni e questo può essere positivo. Il M5S da parte sua può finalmente iniziare a capire cosa sia la politica, imparare il rispetto per le istituzioni e i loro stilemi e forse entrare nell’ottica che la democrazia – quella vera – è una cosa complessa, molto più complessa del televoto su una piattaforma tarocca.

4. Sarà un governo di lunga durata? NO. È vero che il potere è un collante straordinario, ma è vero anche che – alla lunga – tutti i non detti, tutta la polvere messa sotto il tappeto, tutti i “salvo intese” verranno fuori prepotentemente e se non c’è una visione di lungo periodo, se passa il mood che “il pericolo è passato” perché quello che conta è il governo e non la realtà fuori dal Palazzo allora saranno tutti spazzati via. Altroché “eleggeremo il presidente della Repubblica” qua vedo 4 ostacoli pesantissimi: la scissione renziana, le regionali d’autunno, la legge di stabilità e le regionali di primavera. Quindi, un governo di 9 mesi, magari sbaglio, ma mi meraviglierei se arrivasse a 10.

5. È stato giusto fare un governo? SI. Malgrado tutte le riserve pesantissime sono convinto di sì. Andare al voto avrebbe messo a rischio la tenuta del sistema democratico che è ben di più del mero esercizio del voto. È uguaglianza politica, potere mite, tutela delle libertà individuali dagli abusi del potere. Andare al voto e regalare il Paese a un aspirante dittatore come Matteo Salvini sarebbe stato pericoloso. C’era bisogno di tempo e tempo si è ottenuto.

Cerchiamo di non sprecarlo.

Marco Cucchini (C) | Poli@rchia

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