Siamo tutti troll

Siamo tutti troll

In questi giorni è stato praticamente impossibile non imbattersi nella copertina del TIME dedicata a uno dei fenomeni più distruttivi in rete, i troll. “Hanno trasformato il web in una fogna di ostilità e violenza. E vedere ciò che stanno facendo al resto di noi è anche peggio”, così scrive il noto giornale statunitense che nel 2006 pubblicò la famosa copertina dove “l’uomo dell’anno” era l’utente internet, “You”, noi. Sono bastati dieci anni per fare un mezzo passo indietro e ritrattare quella copertina troppo ottimista, che vedeva nel futuro di internet scenari democratici, partecipativi, dibattito, confronto.

Mentre leggevo però quel pezzo non ho potuto fare a meno di fare una riflessione. “La tecnologia non è né buona e né cattiva, ma nemmeno neutrale”, diceva Kranzberg e questa legge mi girava continuamente nella testa mentre leggevo l’articolo del TIME. Sì, perché finalmente si è posto l’accento sul fatto che la rete in sé non ha aspetti negativi o positivi, ma dipende esclusivamente dall’uso che se ne fa. Il TIME fa benissimo a porre l’accento sui troll, sul loro ruolo, la loro funzione, indicando chi sono e quale è il loro scopo.

Chiunque abbia letto quel pezzo inevitabilmente si è sentito fuori dalla categoria indicata dal TIME. Anzi, magari in maniera indignata avrà già fatto una sua mappa mentale di chi sono i troll che nella loro timeline passano il giorno a svolgere amorevolmente il loro compito di inquinatori della rete, e mentre aggrottavano la fronte si sono detti “a questo troll ora lo banno”.

Anzi, ho letto già preziosi contributi di osservatori della rete che si sono affrettati a inforcare gli occhiali e hanno subito preso le distanze da quella categoria, e mentre leggevo quei pezzi mi sono detto “più che un articolo di analisi sembra una confessione”.

Ebbene, io penso che il TIME abbia sollevato un tema che sarà quello che caratterizzerà la rete nei prossimi anni, ma che a dirla tutta è parte del dibattito sulcyberspazio sin dalla notte dei tempi: ovvero, la funzione dell’individuo in rete.

Sì, perché trovo che sia facile definire un troll, trovargli le caratteristiche, farlo passare come il vero male della rete, come l’inquinatore ostile e violento. La rete ne è piena. Ma siamo sicuri che siano solo i troll? Siamo sicuri che siano solo avatar che girano in rete in cerca di visibilità?

Io credo che, come afferma il TIME, vi siano persone che del trolling ne abbiano fatto una professione, ma credo anche che la rete sia l’estensione di come la gente sia realmente fuori dal cyberspazio. Con l’aggravante che qui ci si può nascondere e si può anche non assumersi le responsabilità di quello che si scrive.

Un esempio, ultimamente sono stato definito pubblicamente “squadrista” da un noto scrittore italiano per aver espresso una mia opinione, che per carità non è un troll nella sua testa, lui vende migliaia di libri ed è fuori da certe dinamiche (sono sarcastico eh), ma che ha scatenato tonnellate di insulti e minacce sulla mia TL di twitter tale da farmi uscire dal dibattito per paura di ricevere ancora insulti. E magari domani quello scrittore scriverà anche un pezzo o un tweet su come siano violenti i troll in rete.

Esporre una propria opinione è in sintesi il succo del dibattito in rete, e sfido chiunque a scrivere una cosa e non trovarsi commenti negativi, insulti, e qualcuno anche minacce dopo averla esposta. Il problema per me è certamente la violenza e l’odio in rete, ma non appartiene più solo alla categoria dei troll, ormai la diffusione di certi atteggiamenti verbali e comportamenti digitali è ben più estesa di quella categoria.

Penso che a dieci anni da quella copertina del TIME abbiamo scoperto non i troll, ma come effettivamente percepiamo la rete e l’informazione online, come un luogo senza regole, dove si può deridere e bullizzare l’avversario, offenderlo e magari anche minacciarlo senza “pagare le conseguenze” di quel messaggio, di quel commento, di quel tweet.

Un problema che è tanto culturale che quanto educativo, ma è fatto anche di regole, diritti e doveri in rete che nessuno di noi rispetta, che nessuno di noi sente come parte costitutiva del nostro modo di agire in rete.
Ecco perché penso che siamo tutti troll, e che per poter migliorare questo enorme spazio informativo dovremmo essere i primi a dover cambiare atteggiamento in rete, a dover rispettare l’avversario, a dover commentare una diversa opinione senza minimizzare, insultare, o diventare violenti testualmente.

Per chiudere, qualcuno mi dirà “parla per te”, “io non solo un troll”, “hai fatto mea culpa”, a loro dico che è probabile che sia così, ma sapete, per affrontare un problema bisogna prima riconoscerlo, ma a quanto pare io l’ho fatto, voi no.

E aggiungo una frase un po’ più celebre di quale troll in rete: “chi è senza peccato scagli la prima pietra”. Poi, come sempre, fate vobis.

Fonte: Tommaso Ederoclite | Fonte: huffingtonpost.it

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