Marco Pannella: storia di un uomo politico libero

Marco Pannella: storia di un uomo politico libero

Un uomo libero. Se c’è una definizione di Marco Pannella, lo storico leader del Partito radicale morto il 19 maggio 2016 all’età di 86 anni, è questa (guarda la gallery).
Certo: trasgressivo, trasgressore, irregolare, inquieto, bisessuale, incallito fumatore (100 sigarette al giorno per 64 anni e poi, dopo la scoperta di due tumori nel 2014, uno al polmone e uno al fegato, ”solo” 60 toscanelli alla grappa al dì), ma anche in questo e proprio per questo è sempre stato un uomo libero, senza costrizioni o imposizioni in un’Italia bigotta e cattolica dalle fondamenta.
Libero di fare politica «contro il regime», contro l’oppressione del Vaticano.
ANCHE APPROFITTATORE. Ma anche libero di approfittarsene di quel regime, facendo convogliare milioni di euro pubblici nella radio del partito o allo stesso tempo di flirtare con i tanti papi che gli sono passati davanti, sfruttandone l’immagine, chiedendo udienza, per trovare un punto di incontro e risolvere l’annosa questione del sovraffolamento delle carceri.
Pannella potrà pure rientrare in quella schiera dei tanti arcitaliani della nostra politica, perché in un certo senso ha fatto parte del ”sistema”, ma resta pure un leader diverso da tutti gli italiani.
RIBELLE NEL SISTEMA. È stato protagonista di una società vecchia, fondata sui principi del cattolicesimo, nata alla fine della Seconda guerra mondiale su un accordo tra cattolici e comunisti, dagli Anni 50 in mano a un sistema partitico centristra che è variato dalla Democrazia cristiana al Partito democratico, ovvero un semplice cambio di nome.

Capace di stare con Silvio Berlusconi e poi con Romano Prodi

Marco Pannella con Romano Prodi.

Libero in tutto. Anche nelle alleanze politiche: passò dalla destra berlusconiana alla sinistra in meno di una legislatura, è stato capace di farsi corteggiare da Silvio Berlusconi ma anche da Romano Prodi. Semplice opportunismo politico? Oppure la possibilità di portare avanti e sempre le giuste istanze dei Radicali?
Questo lo stabilirà la storia. Di fatto Pannella è rimasto libero pure negli ultimi giorni di vita, nel ricevere nella sua casa di Roma, la famosa mansarda Pannella, sia l’attuale premier Matteo Renzi, sia l’antagonista nella sinistra Pd Massimo D’Alema.

UNA VOCE IMPORTANTE. Pannella è stato tutto per l’Italia. Forse è sempre stato una nicchia per questo Paese, ma la sua voce Radicale rimane troppo importante e di critica per un’Italia che ancora adesso fa i conti con un sistema partitocratico che marcisce, con una magistratura fin troppo incombente, con un ”regime” ancora troppo legato e avvinghiato alle decisioni di Santa Romana Chiesa.
Pannella non può essere ridotto a uno dei tanti leader politici del nostro Paese, dagli statisti della Dc fino al Partito socialista di Bettino Craxi.
CHE LITI CON ANDREOTTI. Giulio Andreotti, durante una trasmissione del 1983 su Italia 1 dove il leader Radicale lo accusava e gli sbatteva in faccia la verità su suoi rapporti con Licio Gelli, il capo della P2, definita «un’organizzazione criminale», gli disse: «Pannella è meraviglioso, digiuna, ma è un esperto in minestroni».
Era un’altra Italia. Pannella l’ha attraversata tutta, sempre a testa alta, se non negli ultimi anni, quando ormai il corpo e la mente non andavano più di pari passo.

Amico di tutti, un po’ invidioso dei successi della collega Emma Bonino

Con la compagna di mille battaglie, Emma Bonino.

Per parafrasare Philip Roth: «La vecchiaia non è una battaglia, la vecchiaia è un massacro».
E l’ultima battaglia, tra le tante politiche e appassionate portate avanti, Pannella questa volta non è riuscita a vincerla.
«Amo troppo la vita per avere paura della morte», era uno dei suo mantra, frase rintracciabile un po’ ovunque in tantissime biografie.
Amico di tutti, sempre in debito d’ossigeno sul fronte della popolarità, invidioso dei successi della sua collega di partito Emma Bonino, Pannella rimarrà per sempre un politico vivo.
«SONO MORTO TANTE VOLTE». «Avete presente il finale di Luci della ribalta, quando Calvero dice: ”Non vi preoccupate, sono morto tante volte”? Ecco, io mi limito a dire che tante volte sono stato proclamato morto», spiegò una volta, dopo l’ennesima notizia che lo dava per finito. E ancora adesso sarà così.
SIMBOLO DELLA DISUBBIDIENZA. Lo storico Angelo D’Orsi lo descrive alla perfezione: «Seguace di Ernesto Rossi ed esponente della minoritaria ma nobile tradizione del laicismo democratico italiano (tradizione non comunista di autentici riformatori, nemici del capitalismo arraffone e arruffone, come dei “boiardi di Stato”); artefice, con una pattuglia di valorosi altri di memorabili battaglie per la “svaticanizzazione” della società italiana; paladino di libertà civili come l’obiezione di coscienza al servizio militare, il divorzio, l’aborto e l’“erba”; nel corso degli anni la sua azione si è andata caratterizzando più che per gli obiettivi per i metodi. La disubbidienza civile, il sit-in pacifico, il rifiuto conclamato di qualsivoglia forma di violenza, sottolineato dal reiterato richiamo a Gandhi».

Quando Sciascia si candidò: «Per parlare della vita e della morte in Italia»

Gli scioperi della fame sono stati spesso uno strumento di protesta di Pannella.

Vale la pena raccontare l’aneddoto sulla candidatura di Leonardo Sciascia nel 1979, quando i Radicali erano in cerca di volti da inserire in lista. Sciascia e Pannella, uno di fronte all’altro, con il primo che chiese di fumare l’ultima sigaretta prima di accettare di far parte della squadra.

COME PASTERNAK E STALIN.«Mentre Pannella parlava», ricordò proprio Sciascia – come ricorda Walter Vecellio, storico Radicale, nel libro Marco Pannella, biografia di un irregolare -, «io pensavo per esempio a quel dialogo di Pasternak con Stalin per perorare la causa di Mandelstam, il poeta che era stato arrestato. E una sera suona il telefono. Pasternak va a rispondere, ed era Stalin. Parlano di Mandelstam, molto duramente da parte di Stalin, poi a un certo punto Pasternak dice: vorrei incontrarvi. E perché?, domanda Stalin. Ma, dice Pasternak, per parlare della vita e della morte; e questo punto sente il telefono che si chiude. Stalin non voleva parlare della vita e della morte, si capisce. Ecco, io ho pensato che bisognava parlare della vita e della morte in questo Paese, e che parlassi io come scrittore la cui pagina è la più vicina all’azione che si possa immaginare».
Solo per questo dovremmo tutti dire grazie a Pannella. Ci mancherà.

Fonte: lettera43.it | Autore: Alessandro Da Rold

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