Flash mob: fenomenologia e strumentalizzazioni

Flash mob: fenomenologia e strumentalizzazioni

L’ex ministro Corrado Passera si è imbavagliato sotto Montecitorio con i militanti del suo partito Italia Unica con indosso una maglietta bianca che recitava «No Italicum #leggecerotto», e tanto di inno di Mameli suonato da un maestro in frac.
È solo l’ultimo flash mob messo in piedi dai politici italiani che tanto amano il “lampo di folla”. Il prossimo è già programmato per il 5 maggio, organizzato dai sindacati della scuola.
In realtà nella maggior parte delle manifestazioni organizzate da politici, sigle e associazioni di ogni tipo non si può nemmeno parlare di flash mob, perché i ripetuti annunci a suon di comunicati e telefonate ai media per assicurarsi una foto e una notizia si scontrano con la natura “improvvisata” di questo tipo di evento.
IL REQUISITO DELLA SPONTANEITÀ. «I flash mob sono cominciati come un gioioso esperimento sociale che incoraggiasse la spontaneità e i grandi ritrovi per riprendersi temporaneamente le aree pubbliche e commerciali, facendo vedere che questo è possibile», spiegò Bill Wasik, redattore della rivistaHarper’s Magazine, e organizzatore di uno dei primi appuntamenti del genere.
Secondo il sociologo Howard Rheingold, che ne ha parlato nel suo Smart Mobs: The Next Social Revolution, le mobilitazioni di massa che hanno precisi scopi sono chiamati smart mobs, moltitudini intelligenti.
Un esempio italiano può essere quello del Vaffa Day grillino.
I CONFINI SONO MOLTO LABILI. Nel linguaggio comune, comunque, si parla sempre e solo di flash mob, senza distinzioni. «Il confine tra ciò che è flash mob e ciò che non lo è è molto labile, tanto che molto spesso si chiama flash mob quella che è semplicemente una protesta», spiega a Lettera43.it Michele Sorice, sociologo e docente di Democrazia deliberativa e nuove tecnologie alla Luiss “Guido Carli”. «Nel caso della manifestazione di Passera come di altre di questo tipo, per esempio, il riferimento al flash mob è dato dall’esposizione di alcuni elementi simbolici, come il bavaglio, che era già stato utilizzato in altre proteste. Sono forme abbastanza comuni e per questo c’è confusione».
Nei flash mob più elaborati, prosegue, «l’obiettivo era radunare centinaia di persone intente a fare cose insolite, strane, non mettersi un cerotto sulla bocca. Però, appunto, è difficile dare categorie stabili perché si tratta di forme in continua evoluzione che si ibridano con formule preesistenti».

 

Dal frozen al silent rave: le tipologie di flash mob

Il primo in assoluto fu la No Pants Subway Ride sulla metropolitana di New York, nel 2002, diffusosi poi in giro per il mondo.
L’anno dopo, oltre 300 persone si diedero appuntamento in via del Corso, a Roma, nello store Messaggerie Musicali, subissando i commessi con richieste di informazioni su titoli inesistenti fino all’applauso finale che rivelò quello che stava accadendo.
Riuscitissimo anche quello del 10 novembre 2012, sempre a Roma, quando in piazza del Popolo si radunarono circa 30 mila ragazzi per ballare sulle note diGangnam Style, sulla scia di quanto stava già accadendo in altre città del mondo.
BOOM SU YOUTUBE. Ci sono diversi tipi di flash mob: il frozen, in cui i partecipanti a un segnale si fermano restando immobili fino al segnale di fine evento, generalmente dopo tre minuti. Uno dei più famosi è quello realizzato nel 2008 alla Grand Central Station di New York: il video ha avuto oltre 33 milioni di visualizzazioni su Youtube.
Nei silent rave, invece, i partecipanti si radunano con le loro cuffiette e, in completo silenzio, ballano ciascuno la propria musica. Allo human mirror prendono parte coppie di gemelli che ricreano situazioni speculari. In Italia il più importante si è svolto a Trieste nel 2008, organizzato dall’Associazione Iazadi, con sette coppie di gemelli omozigoti.
IL PRIMATO DI CHICAGO. I massive flash mob, che sono i più facili da organizzare e per questo anche i più diffusi, sono eventi di massa, che radunano migliaia di persone nello stesso luogo e nello stesso momento riempiendo piazze, parchi o monumenti, per ballare, cantare, o fare qualsiasi altra azione in contemporanea. Il più grande si è tenuto l’8 settembre 2009 a Chicago, in occasione del concerto Oprah’s 24 Kickoff Party, condotto da Oprah Winfrey per festeggiare i 24 anni della sua trasmissione. Durante l’esibizione dei Black Eyed Peas che eseguivano il loro successo I Gotta Feeling, una ragazza nel pubblico ha iniziato a ballare: pian piano la danza si è estesa a tutti i partecipanti che si sono esibiti in una coreografia prestabilita.

 

Criminalità, nucleare, violenza sulle donne: gli eventi recenti

Al di là degli intenti goliardici, spesso i flash mob hanno avuto l’obiettivo di trasmettere un messaggio. Nel 2009 a Napoli è stato fatto un flash mob sociale contro la camorra, con circa 300 persone che si sono radunate in Piazza del Gesù e al segnale convenuto sono cadute a terra come colpite da un colpo di pistola.
È solo un esempio: capite le potenzialità del genere, già nel 2010 il filosofo e politico verde Antanas Mockus, candidato alle presidenziali colombiane, ne fece un metodo di propaganda con i suoi sostenitori che si immobilizzavano improvvisamente in strada per poi togliersi la giacca e mostrare la maglietta verde della campagna elettorale.
LE FEMEN? UN FENOMENO DIVERSO. Negli anni ci sono state decine di flash mob a scopo politico o di protesta, le Sentinelle in piedi, i docenti, gli studenti, il no al nucleare, le scarpette rosse contro la violenza sulle donne. A gennaio di quest’anno, nel mezzo delle elezioni per il presidente della Repubblica, ci fu il flash mob “ironico” per Giancarlo Magalli al Quirinale, cavalcando il tormentone di quei giorni.
«Le forme di partecipazione politica si evolvono nel tempo. Se pensiamo alle suffragette, le loro erano manifestazioni di tipo più tradizionale, ma al tempo stesso con grande attenzione ai colori, alla componente scenografica della protesta. Oggi abbiamo le Femen, che sono un fenomeno ben diverso, ma comunque molto scenografico. Cambiano i contesti storici e di conseguenza le modalità con cui si scende in piazza, le forme di partecipazione si evolvono», dice Sorice. «Del resto non ci sono confini netti e il flash mob non sfugge alla regola, è la riappropriazione di altre modalità di manifestazione che entra nell’ambito della politica e attraverso cui i soggetti cercano l’attenzione pubblica per stare al centro del dibattito politico».
L’OBIETTIVO: LA DIMENSIONE VIRALE. Secondo l’esperto di comunicazione, il flash mob cerca l’attenzione pubblica, perché il suo obiettivo è la dimensione virale: «Chi ne mette in scena uno non punta a quelle poche decine di persone che può incontrare, ma alle centinaia, migliaia di persone che può raggiungere in Rete», conclude Sorice. «Da questo punto di vista il modo pacifico di sconvolgere la quotidianità e penetrare sul web è una novità per la politica, ma è una delle tante forme di partecipazione in continua evoluzione per catturare attenzione».

Autore: Antonella Scutiero | Fonte: lettera43.it

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