La Flaminia, gli arazzi e i corazzieri

La Flaminia, gli arazzi e i corazzieri

Oggi si insedia ufficialmente Sergio Mattarella quale XII presidente della Repubblica, con una cerimonia sobria e sbrigativa che solo i nostri giornalisti così scarsamente acculturati possono definire come “solenne”, se non addirittura “pomposa”. E come sempre non sono mancate le tirate populiste sull’eccesso di sfarzo del Quirinale, sul fatto che la Flaminia consuma troppo e inquina, sui costi dell’apparato e blablabla. E su tutto la richiesta di istituzioni “più vicine ai cittadini”.

Che vorreste, di grazia? che il presidente vada a dormire in un ostello? che stacchiamo dai muri gli affreschi del Quirinale e li vendiamo all’asta? che il giuramento avvenga con un sms? E soprattutto, come si fa a definire “pomposa” la cerimonia di oggi? Avete idea di cosa siano le cerimonie “pompose”?

Nelle corti dell’Ancien Regime vigeva di regola un cerimoniale rigidissimo in merito a cosa fare e cosa non fare. Ciascuno aveva il proprio spazio e non poteva fare ne un passo in più, ne uno in meno rispetto al proprio rango, alle proprie mansioni a corte, alla propria nascita, alla propria vicinanza al “corpo del Re”.

Forse l’apice di tutto questo si è toccato durante il regno di Luigi XIV, come testimoniano i godibili souvenirs del Duca di Saint Simon oppure, il più recente, dotto e a tratti spassoso “Anche il Re Sole sorge al mattino” di Philippe Beaussant (Fazi Editore). Ma dal punto di vista della complessità e della ritualità, non era certo inferiore la corte degli Asburgo, dove vigeva il barocco, solenne, faticoso e a tratti bizzarro “Cerimoniale Spagnolo”, risalente non si sa bene se a Carlo V, a Filippo II oppure alla tradizione borgognona.

Il Cerimoniale Spagnolo, formalmente in vigore fino al 1918, è stato osservato con continuità carsica, alternandosi sovrani lontani e solenni con sovrani più alla mano, veri e propri “uomini dabbene”. L’ultimo grande Imperatore, Francesco Giuseppe, pare fosse formale fino alla paranoia e – dicono i pettegolezzi di corte – che una notte, durante una delle sue devastanti crisi d’asma, si sia visto piombare in camera il medico personale scarmigliato e in vestaglia, appena sbalzato dal letto.

“il frack dottore…il frack”…pare abbia rantolato l’illustre infermo…

Nel XX secolo il gusto per la pomposità del potere si è andato fortemente attenuando e anche i due estremi baluardi – la Monarchia Britannica e la Chiesa Cattolica – ostentano una sobria disinvoltura, al punto che alcuni anni fa ho visto una foto del principe Filippo di Edimburgo che faceva rifornimento ad una pompa di benzina. Di questo passo si finirà per vedere Elisabetta in fila dal salumiere, con il bigliettino del proprio turno in mano, mentre è solo questione di giorni, forse di ore, vedere Papa Francesco che si reca alla Sistina in autobus.

Naturalmente, io sono contrario a tutte queste fasulle svolte democratiche. La Politica si nutre anche di simboli e la democrazia è un fatto di sostanza, mentre un potere fintamente aperto ed alla mano è solo più subdolo. A me piace il rituale, la solennità, il senso della continuità storica delle istituzioni, la cerimonialità nelle procedure, la sovrana lentezza delle cose.

Un potere aperto e solenne. Per fronteggiare una società che confonde la democrazia con la sciatteria e dove un’allegra e aggressiva disinvoltura di tutti e con tutti la fa da padrone…

Marco Cucchini | Poli@rchia (c)

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