Elezioni amministrative: il PD e la tecnica del semaforo

Elezioni amministrative: il PD e la tecnica del semaforo

semaforo12/06/2013 – Come vincere un elezione rimanendo fermi, immobili. Le elezioni amministrative hanno evidenziato i limiti della comunicazione di Grillo ma anche del PD.

Il PD ha vinto le elezioni amministrative, e le ha vinte nettamente, ma tutti gli addetti ai lavori (nel campo politico e di comunicazione) sanno che non significa molto. Il Pd ha vinto perché di queste elezioni non fregava un cazzo a nessuno, e sono diventate una notizia dopo il voto grazie al crollo di Grillo, che ha svegliato i media altrimenti disinteressati, come gran parte della popolazione.

Dopo una lunga e sanguinosa campagna elettorale e due mesi di consultazioni un’elezione amministrativa semplicemente NON è notiziabile, e così si spiega il crollo di Grillo, che vive del giochino (in cui Casaleggio, va riconosciuto, è molto bravo) di sfruttare i media come cassa di risonanza per ogni suo messaggio. Senza l’eco mediatico ha vinto chi ha un budget per la campagna elettorale (pubblicità, comunicazione, un ufficio stampa) e radicamento sul territorio.

Meno attenzione dei media significa anche che Grillo perde i suoi superpoteri, non avendo i mezzi economici per sostenere una regolare campagna pubblicitaria. Senza il megafono della stampa Casaleggio fatica. Anche sul web non si può dire che queste elezioni siano state particolarmente sentite, anche senza fare analisi del sentiment. Per Grillo non è scattato quel meccanismo di risonanza che lo ha premiato in elezioni più seguite dai media.
La scarsa affluenza poi penalizza Grillo, dato che ha uno zoccolo duro molto meno ampio di partiti consolidati.

Difficile dire quanto abbia inciso l’ostracismo dei grillini sul Governo, ma per me (ed è un opinione personale) meno di quanto si creda. In ogni caso Grillo avrebbe tutto il tempo di riorganizzare la sua comunicazione per le prossime politiche, col vantaggio di essere all’opposizione come voleva lui. Il vero pericolo per Grillo sono le lotte intestine nel M5S e la gestione di un carrozzone che non può reggere senza una struttura organizzata e un budget per le campagne elettorali, vivendo solo dei trucchi di Casaleggio.

Il PD ha vinto grazie alla scarsa affluenza, che ha premiato chi ha uno zoccolo duro più fidelizzato. Il PD ha vinto perché nelle elezioni amministrative ci mettono la faccia i candidati e non contano i megafoni. Ha vinto perché ha sfruttato i suoi maggiori pregi, una base attaccatissima e un forte radicamento sul territorio, le stesse prerogative che lo hanno condannato a perdere le elezioni politiche. Il Pd infatti è stato condizionato dalla propria base, composta principalmente di lavoratori dipendenti, pubblici e sindacalizzati, e pensionati, che hanno voluto un partito a loro immagine e somiglianza, scacciando giovani, precari, disoccupati e partite IVA, e soprattutto scegliendo Bersani e demonizzando Renzi, che a queste categorie avrebbe saputo parlare, insieme ai berlusconiani pentiti.

Il radicamento sul territorio è l’altro pregio del PD che si rivela un boomerang alle elezioni politiche. Spesso infatti il forte radicamento si traduce in circoli e comizi in cui persone di sinistra parlano tra loro ripetendo le stesse cose ad libitum, aumentando il fenomeno di auto-referenzialità che da sempre condanna la sinistra alla sconfitta. Paradossalmente in rete si ha la possibilità di parlare con persone che la pensano diversamente da te, anche se bisogna sapere muoversi, cosa che il PD ha dimostrato di non saper fare. E così il rischio è che al PD riparta il solito mantra del “radicamento sul territorio” che li traghetterò direttamente alla prossima batosta elettorale.

Un altro fattore che ha avvantaggiato il PD è la mancanza di Comunicazione. Comunicando poco sono diminuite le possibilità di fare errori. MENO il PD comunica e MENO rischia di fare errori di cui Grillo e Berlusconi regolarmente approfittano. Senza Grillo e berlusconi il PD e la sua base non hanno potuto sfoderare il solito anti-berlusconismo e anti-grillismo, ovvero l’ossessione per il proprio avversario che va molto oltre al sostegno dei propri candidati, che porta a parlare solo di loro, innescando un fenomeno virale che generalmente li favoriscono. Grillo era sulla bocca di tutti prima delle elezioni, superando nettamente Bersani anche tra gli elettori di Sinistra. Utilizzare il nemico per compattare le truppe funziona quando il target è la tua base, come per le primarie (in cui l’anti-renzismo ha fatto vincere Bersani) ma è perdente se non si associano anche messaggi positivi da parte del proprio candidato. O se non se ne associno affatto.

Autore: Simone Grossi | Fonte: linkiesta.it

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