Nick Clegg’s “fiasco”, perché tutto il mondo è paese…

Nick Clegg’s “fiasco”, perché tutto il mondo è paese…

10/09/2012 – I giornali britannici hanno utilizzato un vocabolo italiano – “fiasco” – per definire il ritiro del progetto governativo di riforma della House of Lords, la Camera Alta del Parlamento britannico, composta da un mix di lord a vita, lord spirituals e lord ereditari.

Di che cosa parliamo? beh… di riforma della Camera dei Lords si discute dai tempi della regina Vittoria e di tanto in tanto il governo del momento ha messo qualche tassello, senza mai completare il mosaico così, all’arrivo a Downing Street di Tony Blair, la Camera appariva praticamente priva di poteri, ma quasi con la stessa composizione dei secoli precedenti.

Nel 1999 un primo step della riforma ha eliminato circa 700 aristocratici che avevano ricevuto il seggio per diritto ereditario, mantenendone solo 90, in attesa di una nuova riforma, che non si è mai fatta…

Il governo Cameron, in carica dal 2010, per ottenere la maggioranza ai Comuni ha dovuto imbarcare anche i liberali di Nick Clegg, da sempre “iconoclasti” nei confronti della venerabile Costituzione Inglese e il loro leader si è fatto nominare deputy prime minister (cioè vice primo ministro) con delega alle riforme istituzionali. Ed è stato un fiasco, degno della tradizione italiana.

L’ambizioso progetto governativo prevedeva:

  1. riduzione del numero dei membri della Camera dei Comuni
  2. riforma elettorale proporzionale, con eliminazione del sistema maggioritario “all’inglese” e adozione del Voto Singolo Trasferibile
  3. riforma della Camera dei Lord con eliminazione del principio vitalizio-ereditario e creazione di una camera eletta direttamente
  4. riforma del sistema di finanziamento dei partiti

Insomma, sembra una cosa molto italiana… riduzione dei parlamentari, riforma elettorale, riforma del bicameralismo, costi della politica… E all’italiana è finita. I membri dei Comuni non sono stati ridotti perché i liberali non hanno voluto, essendo il tema legato alla riforma dei Lords, (cioè, io accetto di avere meno deputati solo se ho la certezza di avere qualche lord in più…). La Camera dei Lords non è stata riformata perché non si sa che poteri attribuirgli (i Comuni non vogliono cedere la propria centralità) ed era diffusa l’idea che una camera eletta, con una indennità di carica per i membri che ora invece non esiste, sarebbe probabilmente un costo della politica in più e un po’ di efficienza decisionale in meno. La legge elettorale è rimasta invariata perché il corpo elettorale chiamato a referendum ha respinto il rischio del “salto nel buio” proporzionalista, che avrebbe fatto contento solo l’ambizioso Nick e qualche collega professore d’Oltremanica. E dei costi della politica, beh… su quelli meglio non alzare quella pietra, che non si sa che ratto ci sta nascosto sotto…

Quale lezione trarne? che le istituzioni non si possono modellare a proprio piacimento, che la demagogia della “volontà popolare” non serve contro gli equilibri secolari di un sistema irripetibile e che toccare i “costi della politica” non è facile da nessuna parte…

Però sia chiaro, non me la sento certo di dire “mal comune, mezzo gaudio”. Anche perché, avessimo noi le virtù del “Westminster Model“…

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